38. Lo Strega, i libri, il Parma
Intervista a Caterina Incerti uscita martedì sulla Gazzetta di Parma
1) Dopo una candidatura alla cinquina finalista del Premio Strega 2025, una domanda di rito, ma doverosa. Quale è stata la sensazione da lei provata dopo l’annuncio?
Entrare in cinquina era l’obiettivo, se così si può dire, che ci eravamo proposti con Mondadori quando abbiamo immaginato di fare concorrere Chiudo la porta e urlo. Quando siamo entrati in cinquina siamo stati contenti perché noi siamo gente semplice, se riusciamo a fare quello che ci proponiamo di fare poi siamo contenti.
2) In Chiudo la porta e urlo, ci narra di Raffaello Baldini, grandissimo poeta di Sant’Arcangelo di Romagna che è rimasto forse per troppo tempo sconosciuto. Intreccia la sua vita, ma anche la sua, quanto ha plasmato Baldini la sua visione poetica della vita?
Tra gli appassionati di poesia Baldini è tutt’altro che sconosciuto, ancora nel 1995 Pier Vincenzo Mengaldo ha scritto che Baldini è uno dei 3-4 poeti più importanti, in Italia. Come ho scritto nel libro, io ho l’impressione che leggere Baldini, dall’inizio alla fine, le poesie, e il teatro, significhi rivedere la tua città, la tua strada, i tuoi amici, le tue fidanzate, i tuoi treni, sentire la voce di tua mamma che ti chiede cos’hai, rivedere la prima panchina dove ti sei seduto con una ragazza, la prima volta che hai fatto una firma, quando hai giocato a nascondino da piccolo, la prima volta che hai visto la neve, tutti i coglioni che hai incontrato nella tua vita, tutte le volte che ti sei sbagliato, tua mamma, tuo babbo, tua nonna, i tuoi fratelli, le tue sorelle, la tua barista, la tua macchina, le tue partite a carte, le telefonate, quelle sere che tele- fonavi e se ti rispondevano o no ti sembrava che potesse cambiare la tua vita, i tuoi gatti, i cani di tuo zio, le chiavi che non aprono più niente e che ti hanno aperto tutto, e che non ti azzardi a buttare via, e dopo che hai visto tutte queste cose, così precise, così vere, così tue e così di tutti, come fai a non parlarne? Come fai a non raccontarlo a nessuno, eh? Come fai?
3) “Come sua consuetudine, Paolo Nori attraversa l'avventura poetica di Baldini quasi come non ci fosse altro intorno, di sé facendo il filtro di una bellezza che viene su come da un fontanile e fa paura, perché ci lascia straniti.” Questa frase è tratta dalla sinossi, per ancora quanto tempo la bellezza ci deve lasciare straniti?
È una cosa che succede a quelli che leggono i libri e, in generale, mi sembra, è l’effetto che fanno le opere d’arte.
L’arte, ha scritto una volta un filosofo che si chiama Agamben, non serve per rendere visibile l’invisibile, serve per rendere visibile il visibile, e questa cosa a me è successa grazie con l’Emilia e le fotografie di Luigi Ghirri.
Prima di vedere le fotografie di Luigi Ghirri, se pensavo all’Emilia io pensavo a poche cose, ai pioppi e al fiume Po, prevalentemente; c’erano queste immagini che non avevano niente a che fare con le mie giornate, abito lontano dai pioppi e dal Po, ma che erano da qualche parte nella mia testa dentro una cartellina con su scritto «Emilia».
Dopo che ho visto le fotografie di Ghirri, io mi sono accorto che in Emilia c’erano anche i distributori di benzina, i semafori, le fermate dell’autobus, la neve, i bambini che si vestono da Batman per carnevale, i gommisti, le saracinesche, le pubblicità, il cielo.
Lui, Ghirri, con le sue fotografie, avrei pensato, era come se avesse preso con due dita l’imballaggio che avvolgeva l’Emilia, sotto casa mia, e avesse tolto dal loro imballaggio che li rendeva invisibili i distributori di benzina, i semafori, le fermate dell’autobus, la neve, i bambini che si vestono da Batman per carnevale, i gommisti, le saracinesche, le pubblicità e il cielo che c’erano sotto casa mia e io adesso, è incredibile, riesco a vederli, e la cosa è ancora più incredibile se si considera che Ghirri, sotto casa mia, probabilmente, non c’è mai neanche passato.
4) “A me piacciono due cose che fanno piangere: la letteratura russa e le partite del Parma.” È sua questa asserzione. È nota la sua laurea in letteratura russa, e come ne ha fatto perno centrale nella sua professione di scrittore; è anche nota la sua città di origine, Parma. Un aggettivo per definire la letteratura russa per invogliare le nuove generazioni ad approcciarsi senza remore a questa letteratura, e un breve commento, se la sua fede calcistica è ancora integra.
Io non voglio invogliare nessuno a leggere niente, non mi sento un promotore della letteratura per diversi motivi: la pretesa di promuovere la letteratura mi sembra come la pretesa di promuovere la forza di gravità, la letteratura, quando è buona, si promuove da sola, e non è difficile diffonderla, è difficile fermarla, e la letteratura russa, quella buona, i lettori li ha trovati, li trova e li troverà indipendentemente da quel che scrivo o dico io. Il Parma, aspetto che aprano gli abbonamenti per confermare, il primo giorno, la mia fila 13 posto 1 in tribuna Petitot.
5) Parlando della sua produzione letteraria, limitandoci ai romanzi, ci aggiriamo intorno ad una cifra considerevole, circa cinquanta, quale libro le ha donato più gioia e più soddisfazioni e quello che le ha arrecato più tormento come scrittore.
A me piacciono tutti i libri che ho scritto e mi piacciono anche i libri che scriverò, anche se non so ancora bene come saranno ma, per il momento, mi sono simpatici, se così si può dire. Adesso, per esempio, sto scrivendo un romanzo che si intitola L’amore è una banana, e il titolo viene dal fatto che in Russia, dopo la prima guerra mondiale, dopo la rivoluzione, dopo la guerra civile, per decenni non erano arrivate le banane, c’era una generazione di russi che erano diventati grandi senza mai vedere una banana.
I loro fratelli e le loro sorelle maggiori parlavano loro di questo frutto giallo, dolcissimo, con una forma stranissima, a forma di banana, che era una delle cose più buone che avessero mai mangiato e loro, dopo un po’, si erano convinti che le sorelle e i fratelli maggiori questo frutto se lo fossero inventato.
Le banane, per la generazione di russi che avevano sei o sette anni nel 1921, erano una balla. Anzi, erano una balla talmente grossa che «banana», in quegli anni, in Russia, era diventato sinonimo di balla. Tutte le balle erano banane, per i bambini e le bambine russe di cento anni fa.
6) Ha tradotto numerosi testi e i più grandi scrittori della letteratura russa, quanto è importante preservare le traduzioni e i traduttori in un momento così cruciale del radicarsi dell’AI nelle nostre vite?
Provi a fare tradurre l’inizio di Anna Karenina dall’intelligenza artificiale e confronti quello che ricava con la traduzione di Pietro Zveteremich (Garzanti), credo sarebbe un esperimento eloquente.
7) Il primo libro che l’ha avvicinata alla letteratura, e l’ultimo romanzo letto?
Il primo libro da grandi che ho letto è Il buio oltre la siepe, di Harper Lee, l’ultimo romanzo che ho letto è E non scappare mai, di Annalisa Cuzzocrea.
E state bene.
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