Abbiamo quasi finito, stasera andiamo a San Benedetto del Tronto, poi ci fermiamo per qualche giorno, ricominciamo poi il primo luglio a Velletri, poi il 2 siamo al Maxxi, il 3 a Villa Giulia e lì abbiam finito davvero.
Se non ho sbagliato il conto, abbiamo fatto, fino a oggi, tra dozzina e cinquina, 27 presentazioni, 27 serate a ripetere più o meno le stesse cose.
Ieri sera, a Francavilla al Mare, un lettore mi ha detto Grazie, che ripeti sempre le stesse cose.
Prego, gli ho detto io.
Una sera, a Salerno, siccome chi ci aveva presentato il giorno prima di alcuni di noi aveva detto l’età, di altri aveva preferito non dirla, ho ripetuto la lettura di una poesia di Raffaello Baldini che si intitola Gli anni che fa così.
Gli anni (di Raffaello Baldini)
È uno sbaglio, che non debbano capire che è uno sbaglio, che lo fanno anche gli uomini, non lo fanno solo le donne, di calarsi gli anni, io ne ho conosciuto più d'uno, non vogliono invecchiare, e credono, che invece così è peggio, tutto l'opposto bisogna fare, non ci arrivano, invecchi meno se te li aumenti, gli anni, io anche da giovane, quando avevo trent'anni, «Quanti anni hai?», «Trentacinque», «Porca masola, già trentacinque, non te ne davo nemmeno trenta», nemmeno trenta, meno di trenta, hai capito? se te li cali tu, è una bugia, gli anni, te li devono calare gli altri, calarteli e farti i complimenti, adesso io ne ho sessantuno e dico sempre che vado per i sessantanove, che rimangono, tutti: «No, davvero? Ma va' là, sessantanove? Hai una faccia, te ne darei, a dir poco, dieci di meni, anche dieci dodici», in modo che raggranelli due tre quattr'anni, poi c'è da fare un altro discorso, che pare così, ma se sono sessantuno e dici che sono sessantanove, sono otto anni che hai ancora da campare, ma siccome hai detto che li hai campati, sono otto anni che, in un certo senso, ci hai messo una mano sopra, è, come si può dire? Una prenotazione, sempre in un certo senso, ma per tornare al discorso di prima, io voglio fare un esempio che non sta in piedi, una cosa esagerata, che non si può, che è da ridere, ma si fa per parlare, metti che tu abbia settant'anni, ti domandano: «Quanti anni hai?», e tu rispondi: «Novantadue», che l'altro rimane: «Ehi, mi prendi per il culo?», «Ne ho novantadue», «Non ci credo», «Non crederci», «Porca paglia, a novantadue anni, ma sei un ragazzo!», ecco, quel che voglio dire, io, che l'ho detto, l'ho detto fino adesso, però capisco, sì, è una cosa che, in un primo momento, uno può dire: come, già che ne ho tanti, e me li devo anche crescere? Pare che non stia in piedi, invece è una cosa che non sbagli, non puoi sbagliare, parlo per esperienza, ma poi ci vuol poco a far la prova, prova, prova anche tu, vogliamo scommettere? Arrivi, si fa sempre per dire, che a settant'anni addirittura puoi diventare un ragazzo.
La poesia di Baldini che ho letto più spesso, in questo giro, si intitola In due. Fa così:
In due (di Raffaello Baldini)
«Lo dico sempre anch’io, in due è il massimo, per stare insieme, se vuoi stare insieme, in dieci, in venti, come fai a stare insieme? la gente invece gli piace d’essere in tanti, “Eravamo una trentina, senza contare i bambini”, e sono contenti, “Stiamo insieme”, che non vuol dir niente, starai attaccato, non insieme, piú siete e peggio è, stare insieme è un’altra cosa, non te n’accorgi? no, non se n’accorgono, per loro, es- sere in pochi è come non esserci, loro hanno bisogno d’es- sere in molti, in cento, in mille, in diecimila, in centomila, che io, ci sono stato anch’io, per San Martino, alla festa del- la Pieve, mangiare, bere, canti, ridi, urli, perché devi urlare, è tutto un urlío, se no non ti senti, e per loro è allegria, che era un casino, e io lí zitto in mezzo, cosa vuoi che dica, mi pareva, ma davvero, d’essere solo, invece in due, tu e lei, la sera, in casa, a un certo momento spegni la televisione, chiacchieri un po’, lei va di là, torna, sorpresa! due gelati, vuoi crema o cioccolato? poi ogni tanto si esce, si va nei posti, a mangiare fuori, al cinema, il cinema è una roba, come da bambini le favole, si sta lí tutti a sedere, zitti, incantati, se ti viene delle volte da dir qual- cosa, dietro c’è sempre uno che protesta: ssst! silenzio! poi Fine, si accendono le luci, è come svegliarsi, ti alzi, e basta un niente, che le tieni il cappotto, che se l’infila, che la stringi, non molto, solo sentirla.»
L’altra sera, a Quartu Sant’Elena, sono venuti da me due ragazzi, mi sembrava avessero meno di quarant’anni, lui mi ha detto Noi son vent’anni, che siamo in due, e lei mi ha detto E la gente non capisce, gli piace d’essere in tanti, non capiscono.
E io ho pensato Vedi, della volte c’è della gente che capisce.
State bene.
Noi son quarantanove anni che siamo in due. Ciao, Paolo
Noi, tra qualche giorno, saranno 51 che stiamo insieme ed essendo settantenni posso dire che è una vita… Ma la cosa comica è che anni dopo scoprii che mio padre il giorno che ci sposammo, sul sagrato della chiesa disse:” Questo matrimonio non durerà”.
E noi ancora oggi, guardandoci negli occhi, ci ridiamo su!