Allora, ci sono diverse cose che mi frenano nel cominciare una newsletter.
Intanto il nome, newsletter; Cosa fai? Una newsletter. Cosa fai? Una newsletter? Aaaah.
Non riesco neanche a dirlo bene.
A me mi faceva anche abbastanza schifo la parola Blog, quando, tanti anni fa, ho aperto un blog, e adesso, a quelli che mi presentano copiando wikipedia e dicendo che io sono un blogger, a me verrebbe da chiedergli Cosa sono io? Un blogger. Cosa sono? Un blogger. Aaaahh. No. Io queste parole inglesi, blòġë, non so neanche come si pronuncia, bene, non riesco a dirlo bene, non ho gli organi fonatori allenati, Auden una volta ha scritto Noi, le parole, le scegliamo per il suono e a me mi sembra, si parva licet, di essere anch’io come loro, che le scelgo per il suono. Che poi, l’ho anche scritto, volte, sei o sette anni fa mi hanno invitato a Parma a un incontro dove c’erano una decina di persone che dovevano scegliere delle parole che non sopportavano e c’era anche il segretario del comune di Parma per il quale una di queste parole era stakeholders, e io, stakeholders, allora, non l’avevo mai sentita, non sapevo cosa volesse dire e gliel’ho chiesto e lui me l’ha spiegato ma io non ho mica capito tanto bene, e ancora adesso, questa parola stakeholders, non so, se mi chiedessero se voi, che mi ascoltate, o mi leggete, siete degli stakeholders, io non saprei rispondere, siete degli stakeholders? A me non sembrate degli stakeholders, ma questo non significa niente, perché a me non è mai successo di essere, non so, in treno, o in autobus, o in bicicletta, e di vedere un gruppo di persone e di pensare “Ve’, degli stakeholders”.
Ecco, anche una newsletter, che cazzo è una newsletter?
Non lo so, però la faccio, e sono a disagio; ero a disagio anche tanti anni fa quando ho cominciato a scrivere dei romanzi e c’era un voce dentro di me che mi diceva Cosa vuoi fare, te, un romanzo? Ma chi ti credi di essere? Dostoevskij Camus o Vonnegut? Ma non ti rendi conto che sei solo una merda? Ecco adesso, 28 anni dopo, non è la stessa cosa ma è una voce che dice, più o meno, Cosa vuoi fare, te, una newsletter? Ma se non sai neanche bene come si pronuncia, ma smettila, ma stai a casa. E adesso, devo dire, il problema non è credere di essere Dostoevskij Camus o Vonnegut, il problema è un altro.
Una volta ho scritto un libro per bambini l’ho presentato a dei bambini delle elementari e dopo 40 minuti un bambino ha alzato la mano ha detto Ma lei… è Paolo Nori o è uno che imita, Paolo Nori? E io ci ho pensato e dopo gli ho detto Un po’ tutte e due.
Ecco. Che fare una newsletter, secondo me, è un passo in quella direzione lì di credere di essere Paolo Nori, cioè di pensare un po’ Lei non sa chi sono io, cioè di essere, in sostanza uno che imita Paolo Nori, che brutto mestiere.
Allora, secondo me, il mio mestiere, in questi 28 anni, quello che ho fatto, in questi 28 anni, l’ho fatto anche perché ho avuto una relazione con quelle voci lì che mi dicevano, e mi dicono Ma chi ti credi di essere? Ma dove credi di andare?
Ecco.
Uno slavista che era anche un poeta, Angelo Maria Ripellino, che quand’era in sanatorio, in Repubblica Ceca, che si curava, chiamava sé stesso e gli altri ricoverati «i nonostante».
«L’avverbio – aveva scritto Ripellino – si fa sostantivo, a indicare noi tutti che, contrassegnati da un numero, sbilenchi, gualciti, piegati da raffiche, opponevamo la nostra caparbietà all’insolenza del male».
Che meraviglia, Ripellino.
Allora, io, in questo primo contributo per State bene, volevo spiegare cosa vuol dire che State bene è una newsletter che non sembra una newslwtter ma una circonvallazione, invece ho detto tutt’altro, perché a me mi succede così, che comincio a scrivere pensando che scriverò una cosa e poi va a finire che scrivo tutt’altro, anche quando parlo, mi succede, e a me piacciono, quelli che cominciano una frase e si vede che non sanno come la finiranno, c’è un attore, Fabrizio Bentivoglio, che parla così, sembra sempre che abbia finito e invece poi aggiunge sempre un’altra cosa che è, spesso, la più interessante, mio babbo, parlava così, trovava le parole strada facendo, e faceva delle pause lunghissime, e anch’io, un po’ parlo così, parlo e non so cosa dirò, e anche questa newsletter, che nome del cazzo, sarà un po’ così, una newsletter che non sembra una newsletter ma una circonvallazione e la prossima volta forse racconto cosa vuol dire, questa roba della circonvallazione, ma chi lo sa, in realtà, cosa salta poi fuori la prossima volta, che sarà, credo, giovedì, intanto oggi, la prima puntata, finisco così, con il benvenuto a tutti gli stakeholders e con due parole che sono il titolo di questa newsletter e che cercherò di mettere tutte le volte alla fine, chissà se mi ricordo, intanto questa volta mi ricordo: state bene.
[su Instagram, dire: Link in bio]
Ho letto la newsletter come la leggerebbe Paolo Nori. Sono anch’io uno che imita Paolo Nori?
Sono felice stamattina: sono una che si è iscritta a questa circonvallazione e potevo essere una che non si iscriveva e invece l'ho fatto!